Definizione
Possiamo definire un disturbo come psicosomatico quando i sintomi somatici non possono essere spiegati da una origine medica.
I disturbi maggiormente rappresentati da questa definizione sono: cefalee croniche, fibromialgia, intestino irritabile, stanchezza cronica, dermatite psicosomatica, dolore cronico. I pazienti con questo tipo di disturbo hanno una lunga storia di “medicalizzazione” prima di escludere la causa fisica e manifestano il più delle volte disturbi dell’umore.
Il DSM V (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) classifica i disturbi psicosomatici nelle seguenti categorie: disturbo da sintomi somatici, disturbo da ansia di malattia, disturbo di conversione (disturbo da sintomi neurologici funzionali), disturbi psicologici che influenzano altre condizioni mediche), disturbo fittizio, disturbi da sintomi somatici e disturbi correlati con altra specificazione, disturbi da sintomi somatici e disturbi correlati senza altra specificazione.
Da notare che la principale diagnosi della classe diagnostica disturbo da sintomi somatici pone l’accento sui pensieri, sentimenti e comportamenti anomali che accompagnano i sintomi piuttosto che all’assenza di una spiegazione medica dei sintomi, definizione più ampia e unitaria dell’aspetto corpo- mente. Anche i criteri precedenti sui disturbi somatoformi del DSM-IV attribuivano troppa importanza ai sintomi non spiegabili da un punto di vista medico; presenti in particolar modo nei sintomi da conversione, non tenendo conto che i disturbi da sintomi somatici possono coesistere con disturbi medici diagnosticati.
Ma al di là delle classificazioni cosa ci insegna la psicosomatica?
Il disturbo psicosomatico ci ricorda l’unità corpo- psiche dell’essere umano. La salute implica la connessione e il buon funzionamento di entrambi le parti, in altre parole vi è un dialogo continuo e necessario tra il corpo e la mente. Il famoso detto, “mens sana in corpore sana”, opera del poeta latino Giuvenale nel 1 secolo dopo Christo, è ancora valido.
Ma quali sono i modelli che ci aiutano a spiegare la malattia psicosomatica?
Le contribuzioni maggiori a spiegare il fenomeno di queste malattie sono il modello bio psico sociale e il modello PNEI Psico-neuro-endocrino-immunologia.
Il modello bio-psico-sociale proposta da Engel fa riferimento alla malattia attraverso l’interazione complessa tra fattori biologici, psicologici e sociali. Secondo l’autore, la predisposizione genetica non basta a scatenare una malattia ma sono fattori concomitanti sociali di stress e/ o fattori psicologici che partecipano alla sua irruzione.
Il modello PNEI (psico-neuro-endocrino- immunologia) va oltre e approfondisce l’interazione tra la psiche, il sistema nervoso, il sistema endocrino e la risposta immunitaria. Secondo questo modello diverse malattie organiche, come la cefalea, la fibromialgia, sono il risultato del progressivo logoramento del sistema del corpo scatenati da un ambiente stressante. La responsabilità delle malattie psicosomatiche non è data solo da una situazione di stress che altera e infiamma le strutture neuro endocrine e del sistema nervoso centrale ma dalla mancata autoregolazione, ritorno a l’omeostasi anteriore, la situazione di stress.
Perché capire il funzionamento è importante?
Dare un senso alle malattie è importante per la cura.
Dobbiamo guardare la malattia come un tentativo di adattamento della persona all’interno di specifiche situazioni stressanti. L’insorgere della malattia è una delle risposte possibili allo stress provocato dall’ambiente, è il risultato dell’interscambio tra contesto ambientale e persona.
Molti approcci terapeutici danno peso alla concezione un’unita mente -corpo come la mind-fullness, la bioenergetica, L’EMDR stimolazione bilaterale, ma l’importante è soprattutto cercare di aiutare i pazienti a recuperare all’’interno dello spazio psicoterapeutico la consapevolezza delle sensazioni del nostro corpo e i pensieri e le emozioni della nostra mente per ritrovare l’unità corpo-mente necessaria al benessere.
Il disturbo da alessitimia è un esempio di non consapevolezza e negazione della mente. Alessitimia è una parola che deriva dal greco a=negazione; lexis = parola e thimos = emozione e descrive una persona che ha gravi difficoltà a verbalizzare e a riconoscere le proprie emozioni e quelle altrui.
Queste persone sono descritte dagli psicanalisti Paul Marty e Masud Uzan, con uno stile cognitivo operatorio cioè senza immaginazione, incapace di avere fantasie e estremamente aderenti alla realtà esterna. Le persone che soffrono di alessitimia sono più predisposte all’insorgere di malattie psicosomatiche in quanto partono da un non riconoscimento e una non integrazione di base psiche-soma. Il dolore ne è una testimonianza, può avvenire solo da origini psicogene (depressione, ansia) invece che da origini fisiche (fratture ossee) e essere il risultato di emozioni, paura e credenze mal processate/o negate dal nostro cervello. Il dolore psicogeno è in relazione con la malattia psicosomatica in quanto la mente gioca un ruolo nell’ aumento o nella diminuzione dell’esperienza nocicettiva.
Si può curare la malattia psicosomatica?
Si la malattia si può curare e anche il dolore connesso, riducendo lo stress e sviluppando strategie di coping necessarie. E di estrema importanza capire i momenti e i problemi psicologici connessi che scatenano il dolore o i sintomi. Attraverso terapie adeguate e farmaci i sintomi possono essere ridotti e/o eliminati.