Nella psicoanalisi il paziente è disteso su un divano fuori dalla vista dell’analista. La frequenza degli incontri, che durano circa quarantacinque minuti, è di almeno tre volte alla settimana e la durata della terapia è raramente inferiore ai 4 anni.
L’analista si astiene nel dare giudizi e indicazioni comportamentali. Lo scopo è favorire la presa di coscienza dei conflitti sottostanti ai sintomi. Il sintomo nella teoria analitica gioca un ruolo di compromesso nel conflitto tra il pensiero e i desideri incompatibili.
Il metodo usato è quello delle libere associazioni d’idee. Il paziente durante le sedute si sforza di esprimere verbalmente tutti i pensieri, le immagini, le sensazioni, le emozioni che gli vengono alla coscienza. Il rispetto di tale prescrizione farà emergere delle resistenze consce o inconsce, portando alla comparsa di alcune difese. L’analisi di queste difese e del clima instauratosi tra il paziente e il terapeuta (transfert-controtransfert) sarà il primo passo del lavoro terapeutico.
In generale l’obiettivo dell’analisi è la reintegrazione nella coscienza di ciò che è inconscio, in modo da portare a un arricchimento e una trasformazione del paziente, che troverà un equilibrio tra le esigenze della realtà esterna e quelle della realtà interna dominata dalle pulsioni.
Nella psicoterapia ad indirizzo analitico lo scopo è sempre quello di favorire la presa di coscienza dei conflitti sottostanti ai sintomi, ma le modalità della terapia sono meno impegnative di quelle dell’analisi.
Le sedute, di quarantacinque minuti circa, hanno luogo una o due volte alla settimana. La presenza del terapeuta nel campo visivo del paziente ha lo scopo di limitare l’allentamento del controllo sui pensieri e sulle emozioni.
La psicoterapia analitica, come la psicoanalisi, si basa sul modello dell’inconscio (processi e impulsi che non affiorano alla coscienza ma che determinano in modo significativo la maniera in cui agiamo). Il disagio nasce quando l’inconscio vuole esprimersi mentre le altre forze dell’apparato psichico (io e super io) ne impediscono l’espressione. Il sintomo, nella terapia analitica, è visto come un compromesso tra desiderio e realtà.
Questo approccio lavora sulle cause e modifica il comportamento in questione in modo indiretto.